Perché l’attenzione ci può portare alla felicità.

Perché l’attenzione ci può portare alla felicità.

Quanta attenzione prestiamo a ciò che ci circonda? Quanta cura mettiamo nella relazione con chi ci sta di fronte?

L’attenzione è una dote mentale poco considerata e sottovalutata, ma che ha un’importanza enorme rispetto al modo in cui affrontiamo la vita. A causa di una specie d’inganno della mente, noi in genere facciamo nostri i prodotti finali dell’attenzione tipo le nostre idee buone o cattive, un ammiccamento rivelatore o un sorriso invitante, il profumo del caffè la mattina, senza però notare quel raggio di luce che è costituito dalla consapevolezza stessa, cioè dal processo che avviene prima di arrivare a quelle sensazioni finali.

Esistono una serie di fattori che comportano una caduta dell’attenzione e della concentrazione e quindi un impoverimento della qualità delle relazioni, naturalmente connesse con la qualità dell’attenzione.

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Uno dei più importanti elementi che oggi, paradossalmente, agisce contro la nostra attenzione è la tecnologia, ed in modo particolare gli smartphone con tutte le loro possibili applicazioni. L’epicentro di questo fenomeno è la generazione compresa tra i 15 e i 35 anni. Nei primi anni di questo decennio i loro SMS mensili sono saliti ad oltre 4400, il doppio di qualche anno prima.

 

Nel 2010, nel lessico inglese è entrato il termine “pizzled”, una combinazione fra “puzzled” (perplesso) e “pissed off” (arrabbiato), per esprimere la sensazione provata quando la persona con cui ci si trova, tira fuori il suo smartphone e inizia a chiacchierare o a “messaggiare” con qualcun altro.

La persona media guarda oggi il suo smartphone circa 150 volte al giorno. E dov’è il tempo per guardare gli altri? Quanto tempo rimane per un’interazione con gli occhi, aspetto fondamentale delle relazioni umane? Tutte queste attività digitali sottraggono tempo ai rapporti con le persone reali, attraverso le quali impariamo a leggere la comunicazione non verbale: di conseguenza, gli appartenenti alle nuove generazioni nati in questo mondo digitale potranno anche essere abilissimi con la tastiera, ma c’è il rischio che siano molto maldestri quando si trovano faccia a faccia tra di loro, in tempo reale.

 

Sarà forse questo il motivo per cui tante relazioni, oggi, spesso sono improntate ad una superficialità desolante?

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Altro mito che sarebbe giusto sfatare è quello della cosiddetta suddivisione dell’attenzione nel multitasking. Al contrario di ciò che si crede, la nostra attenzione non è come un palloncino che si può espandere per inglobare più cose per volta, ma può essere paragonata piuttosto ad un sottile tubo che può condurre un liquido in un’unica direzione: anziché suddividerla tra due attività, oscilliamo con rapidità tra le due, un passaggio che comunque comporta un indebolimento rispetto all’attenzione e concentrazione piena.

Sarebbe sicuramente molto più utile per il livello della nostra attenzione, imparare ad indirizzarla verso un’unica attività per volta, con ciò riuscendo sicuramente a portarla a termine nel migliore dei modi e nel tempo minore possibile.

L’attenzione è dunque un aspetto fondamentale nella relazione e nella gestione del proprio lavoro. Sarebbe quindi cosa molto utile imparare a dedicare più tempo alle persone che ci sono davanti senza paura di rimanere disconnessi dal nostro smartphone ed essere consapevoli del fatto che fare più cose contemporaneamente non aiuta né la nostra attenzione né il raggiungimento di risultati migliori.

Concentriamoci su poche cose per volta e cerchiamo di viverle nella loro interezza. Sarà anche questa una strada per la felicità.

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Credits – Questo post è ispirato dal libro FOCUS di Daniel Goleman